Il latte senza lattosio: è davvero privo di lattosio? Scopriamo la verità
Il latte senza lattosio, scelto da chi è intollerante, contiene tracce di lattosio e viene prodotto tramite l'aggiunta di lattasi o nanofiltrazione, garantendo una digeribilità migliore
Il latte senza lattosio è una scelta sempre più comune tra coloro che soffrono di intolleranza a questo zucchero. Il lattosio, presente in molte varietà di latte, è composto da due zuccheri semplici: glucosio e galattosio. Per essere digerito, è necessario l’intervento di un enzima chiamato lattasi, che scinde il lattosio in queste due componenti. Tuttavia, molte persone, fino al 50% della popolazione italiana, presentano un deficit di lattasi, il che rende difficile la digestione del lattosio, causando disturbi intestinali.

Questo ha portato a un crescente interesse per i prodotti etichettati come “senza lattosio”, ma è importante chiarire che questi prodotti non sono completamente privi di lattosio. Infatti, secondo le normative del Ministero della Salute, un prodotto può essere definito “senza lattosio” solo se contiene meno dello 0,1% di lattosio, mentre un prodotto “a ridotto contenuto di lattosio” deve avere meno dello 0,5%. Queste percentuali sono generalmente insignificanti per la salute degli intolleranti.
Processo di produzione del latte senza lattosio
La produzione industriale del latte senza lattosio avviene attraverso due metodi principali: l’aggiunta di lattasi e la filtrazione. Il primo metodo è piuttosto semplice; consiste nell’inserire l’enzima lattasi direttamente nel latte e lasciarlo agire per alcune ore. Durante questo processo, il lattosio viene quasi completamente trasformato nei suoi componenti base, il glucosio e il galattosio. Sulle etichette dei prodotti, è possibile trovare informazioni come “contiene glucosio e galattosio”, che sono il risultato della scissione del lattosio. È importante notare che questo non significa che il latte sia privo di zuccheri; piuttosto, si passa da un tipo di zucchero a due più semplici, che risultano più facilmente assimilabili dall’organismo.
Il secondo metodo, la nanofiltrazione, è uno dei più usati. In questo caso, il latte viene fatto passare attraverso membrane con pori di dimensioni comprese tra 0,5 e 2 nanometri. Questi pori sono progettati per trattenere il lattosio, consentendo al resto del latte di passare. Entrambi i metodi, però, presentano dei margini di errore. Non sempre tutte le molecole di lattosio vengono eliminate, e le membrane filtranti possono presentare difetti o usura, che possono compromettere la qualità del prodotto finale.
Normativa sul contenuto di lattosio
Per garantire che i consumatori siano informati, il Ministero della Salute ha stabilito delle linee guida sul contenuto di lattosio nei prodotti. Un prodotto con l’etichetta senza lattosio deve avere un contenuto di lattosio inferiore allo 0,1%. Questo significa che in 100 millilitri o grammi del prodotto devono esserci meno di 0,1 grammi di lattosio. D’altra parte, un prodotto “a ridotto contenuto di lattosio” deve contenere non più di 0,5 grammi di lattosio ogni 100 millilitri o grammi. Queste indicazioni aiutano i consumatori a scegliere in modo consapevole ciò che acquistano, specialmente chi soffre di intolleranza al lattosio.

Meccanismi dell’intolleranza al lattosio
Quando l’enzima lattasi è assente o carente, il lattosio non viene digerito nell’intestino e resta lì, dove viene fermentato dal microbiota intestinale. Questo processo porta alla produzione di acido lattico e vari sottoprodotti, tra cui anidride carbonica. Le conseguenze di questa fermentazione possono includere disturbi come diarrea, gonfiore addominale e aerofagia. Questa condizione è nota come intolleranza al lattosio, o ipolattasia. All’inizio della vita, i livelli di lattasi sono al massimo, poiché il latte materno è la principale fonte di nutrimento. Con lo svezzamento, la produzione di lattasi tende a diminuire, portando a difficoltà digestive per alcuni individui.
Non tutte le persone sperimentano questa riduzione della lattasi; la sua produzione è influenzata da fattori genetici. In alcune persone, la lattasi continua a essere prodotta anche in età adulta, un fenomeno conosciuto come “persistenza della lattasi”. Al contrario, chi non ha la predisposizione genetica a mantenere la produzione di lattasi dopo lo svezzamento può affrontare difficoltà nell’assimilazione del lattosio. Secondo studi condotti, circa il 65% della popolazione mondiale presenta intolleranza al lattosio, con una prevalenza maggiore tra le popolazioni di origine sudamericana, africana e asiatica. In Italia, tra il 40% e il 50% della popolazione ne è colpita, spesso diagnosticandosi autonomamente senza consultare un medico. Tuttavia, è possibile confermare questa condizione attraverso test specifici, come il breath test, per una diagnosi accurata.